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Filosofia
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PER ASPERA AD ASTRA: Lungo le vie del desiderio
L'Amore è il desiderio fattosi saggio.Hermann Hesse
La via tracciata dal desiderio fin su le stelle sembra abbia avuto origine mitologica nelle figure degli eroi greci, Eracle in particolare (Seneca decanta quel motto proprio in onore di Ercole), che dopo le fatiche e le imprese condotte in vita venivano con la morte accolti nell'Olimpo: qualsiasi traguardo ambizioso richiede sacrificio e dedizione, e quanto più un'impresa è difficoltosa, tanta più è la soddisfazione nel portarla a termine. Questo è, detto per in inciso, lo scenario germinale in cui si sviluppa il mondo dello Sport (e non è un caso che la fondazione delle Olimpiadi greche sia attribuita a Ercole e alle sue fatiche, come racconta Pindaro): la fatica per raggiungere il successo è il grembo materno del mondo sportivo, le imprese eroiche la sua via stellare; una via, per aspera ad astra, che muove in virtù di una grande forza, la forza del Desiderio: il desiderio di affrontare la fatica, la sfida, di oltrepassare gli ostacoli, di superare ciò che si frappone davanti e di eccellere. Ma che cos'è il desiderio? Donde nasce? Che legame ha con la filosofia? L’etimologia della parola desiderio sembra rimandare a quei soldati (desiderantes) che di notte stavano sotto le stelle ad aspettare quegli altri che, dopo aver combattuto, non erano ancora rientrati. Il verbo desiderare indicava dunque uno “stare sotto le stelle ad attendere”. Per questo motivo, presso i latini, il desiderare ha a che fare con il cielo sidereo: il de- esprime infatti lontananza, distacco mentre sidus, sideris è la stella, l’astro; allora nel desiderio si esprime la distanza, la nostalgia, l’e-mozione rispetto a qualcosa che è luce, calore; il desiderio è quella forza, quella tensione che ri-chiama ad astra, perché viene proprio da lì, donde è la sua origine, ed è un motto che spinge a superare ogni aspera che si frappone nel cammino di un ritorno a casa, a quella patria mai conosciuta, ma di cui si avverte la mancanza; la condizione umana è in tal senso un dis-astro, un essere divisi, separati irrimediabilmente dalle stelle cui vogliamo essere: l'innappagabilità del desiderio come irrimediabile mancanza è ben espressa, in tono volontaristico e pessimistico, da Schopenhauer: "Ogni volere scaturisce da bisogno, ossia da mancanza, ossia da sofferenza. A questa dà fine l’appagamento; tuttavia per un desiderio, che venga appagato, ne rimangono almeno dieci insoddisfatti; inoltre, la brama dura a lungo, le esigenze vanno all’infinito, l’appagamento è breve e misurato con mano avara. Anzi, la stessa soddisfazione finale è solo apparente: il desiderio appagato dà tosto luogo a un desiderio nuovo: quello è un errore riconosciuto, questo un errore non conosciuto ancora. Nessun oggetto del volere, una volta conseguito, può dare appagamento durevole, che più non muti: bensì rassomiglia soltanto all’elemosina, la quale gettata al mendico prolunga oggi la sua vita per continuare domani il suo tormento. Quindi finché la nostra coscienza è riempita dalla nostra volontà; finché siamo abbandonati alla spinta dei desideri, col suo perenne sperare e temere; finché siamo soggetti del volere, non ci è concessa durevole felicità né riposo. Che noi andiamo in caccia o in fuga; che temiamo sventura o ci affatichiamo per la gioia, è in sostanza tutt'uno; la preoccupazione della volontà ognora esigente, sotto qualsivoglia aspetto, empie e agita perennemente la coscienza; e senza pace nessun benessere è mai possibile."; il desiderio non è tanto uno stato dell'anima, un impulso di carattere psicologico, o neurologico, ma è la nostra stessa condizione, in quanto effimeri, erranti (sogno di un'ombra) e dunque in balìa di una perpetua volontà desiderante: esso è un motto senza sosta, una via infinita, un circolo incessante, che sia che lo si rincorra o si tenti di sfuggirvi, perseguita continuamente la nostra coscienza, testimoniando la fragilità della condizione umana come mancanza; se il de-siderio è dunque una mancanza che mette in moto una tensione, un appetito non mai soddisfatto, che cosa ha a che fare con la filosofia? Ebbene, essa, stando a sentire Platone nel Simposio, non può che esprimere questo movimento: sospesa, infatti, tra la sapienza degli dei che non desiderano sapere (gli dei abitano già il cielo), e la presunta sapienza degli ignoranti dove il desiderio si spegne (gli uomini troppo affaccendati nelle occupazioni terrene non avvertono la nostalgia del cielo), essa è attività incessantemente desiderante, desiderio che mai si spegne, che mai raggiunge e si congiunge alla luce e al calore degli astri, pur avvertendone il bisogno. Desiderio è dunque per la filosofia forza d’Amore, secondo l'accezione del Simposio, spinta simbolica all’unione piena mai realizzata (anche spinta che muove la vita distogliendola dalla morte potremmo dire noi: A-mors, toglimento di morte), non un sentimento di origine umana che si può descrivere e spiegare, perché, come gli amanti che non saprebbero neppure dire che cosa vogliono l'uno dall'altro (..."infatti, non sembrerebbe essere il piacere d’amore la causa che fa stare insieme gli amanti l’uno con l’altro con così grande attaccamento. Ma è evidente che l’anima di ciascuno di essi desidera qualche altra cosa che non sa dire, eppure presagisce ciò che vuole e lo dice in forma di enigmi"), così il desiderio della filosofia si manifesta in una natura enigmatica per cui le verità che essa ricerca, la meta del suo cercare, si dà solo in parte: essa si realizza cioè secondo quella sua natura “erotica”, quel amore per il sapere (filo-sofia) per cui è rimedio per la nostalgia di una ferita divina che mai più si rimargina, e de-siderio verso una pienezza che non può raggiungere, in una tensione verso lo sguardo sidereo della verità che si dà in parte, ma si sottrae e sfugge nella sua totalità, che si concede e si ritrae allo stesso tempo nel suo vagabondare (la parola greca Alétheia, verità, esprime questo doppio movimento in cui qualcosa viene alla luce, si manifesta (a-létheia), pur sottraendosi, nascondendosi (léthe = latenza) nella sua totalità, nella sua pienezza. In questo darsi che al contempo si ritrae Platone (Cratilo) vedeva le tracce del vagabondare del Dio (Ále-theía)); il desiderio della filosofia è dunque una passione amorosa mai doma, una tensione al cielo sidereo della verità, mai pienamente raggiunto, un viaggio erratico e appassionante alla ricerca delle stelle. Ma, per approfondire, potremmo chiederci donde viene il desiderio della filosofia, questo astro che illumina e dirige la ricerca incessante, un fuoco che si accende e che si incarna nell’esistenza trasformandola costantemente in luce e fiamma. Nella Lettera VII Platone dice che la filosofia non è un sapere che si può in-segnare come le altre scienze, bensì si genera nell’anima, quasi dono della divina follia, dopo lunga frequentazione “come la scintilla che scaturisce dal fuoco e poi si nutre di se stessa” (un rimando interessante potrebbe essere qui il legame al mito di Prometeo, laddove il titano ruba il fuoco divino agli dei e ne fa dono ai miseri mortali, che, grazie ad esso, si procurano tutti i mezzi necessari per vivere: il fuoco, in questo senso, potrebbe dunque rappresentare quella frattura, conseguenza del furto, che per sempre ci separa dal divino, ma anche quella scintilla che derivante da esso, si accende nel cuore degli uomini mettendo in moto una tensione a generare, a illuminare l’esistenza): il desiderio ha il calore del fuoco, della fiamma che si agita nel cuore di chi ricerca, memoria e simbolo forse di quella luce che è espressa dall'astro verso cui si muove, le stelle che illuminano il cammino e il sole della verità (il legame che lega luce, divinità e verità è stretto e forte: oltre che nella parola greca Alétheia, che rimanda al non-nascosto e quindi a ciò che è posto nella luce, l’intreccio tra luce e verità risulta evidente nella figura di Cristo: nel Vangelo di Giovanni, ad esempio, Gesù viene presentato, sin dall’inizio, come luce e verità – «veniva nel mondo la luce vera» (Gv., 1,9) – e di sé dice: «Io sono la luce del mondo» (Gv., 8,12)). Ma come si alimenta questa fiamma, questo calore, di cosa si nutre? Eccoci al punto, sic et simpliciter: il desiderio è la verità del corpo, è la sua manifestazione, nel senso che il corpo si dà nel desiderio, concede al desiderio di muoversi a partire dalle sue pulsioni più intime; il desiderio non è nulla di psicologico o spirituale, è la pulsione del corpo che mette in cammino, su quella via che porta ad affrontare prove a fatiche, a superare ostacoli, a gioire, sul cammino per aspera ad astra; si dovrebbe pertanto smettere di pensare, una volta per tutte, che la filosofia sia una disciplina campata per aria, totalmente logica o spirituale: come ricorda Nietzsche: "non siamo ranocchi pensanti, apparecchi per obiettivare e registrare, dai visceri congelati – noi dobbiamo costantemente generare i nostri pensieri dal nostro dolore, e maternamente provvederli di tutto quel che abbiamo in noi di sangue, cuore, fuoco, piacere, passione, tormento, coscienza, destino, fatalità. Vivere – vuol dire per noi trasformare costantemente in luce e fiamma tutto quel che siamo, nonché tutto quel che ci riguarda; non possiamo affatto agire diversamente"; a differenza delle altre scienze la filosofia non si insegna, si vive, perché ci abita fin nell'ultimo brandello di carne del nostro corpo! La filosofia si incarna nelle pieghe dell'esistenza, nel suo piacere e nel suo dolore, nei suoi tormenti o nelle sue passioni, tra le "linee della vita...varie, come vie, come orli di montagne" (Hölderlin), trasformando continuamente questo paesaggio in desiderio, in sentiero di ricerca e verità. La filosofia muove sempre dal corpo, è corpo! E se è vero in più sensi quello che dice Hesse, che "l'amore è il desiderio fattosi saggio", allora potremmo dire che la filosofia è questo sentiero d'Amore, un desiderio nato dalla verità del corpo e da esso nutrito, con i suoi tormenti, le sue passioni, il suo dolore, la sua gioia...un desiderio che si fa saggio attraverso gli ostacoli che supera, gli orli delle montagne su cui impara a camminare, sull'orlo del crinale, certo, ma mosso da quella tensione per cui si è pronti a superare ogni ostacolo e ogni pericolo! E allora Orsù, coraggio, vecchio cuore...verso le stelle che vogliamo essere! Per aspera ad astra...lungo le vie del desiderio, lungo le vie della filosofia!
Tommy
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