lunedì 2 aprile 2012

ADOLF ADI DASSLER. adidas, Origin(als) of Sport Business


Adi was a true original, an innovator, a one of a kind!


Original, innovator, one of a kind dice la voce narrante...e le ultime immagini nel frattempo scivolano su Liam Gallagher e la sua camminata unica, mani in tasca e testa alta, mentre dalla strada incrocia lo sguardo di Adi Dassler, che guarda da dietro la finestra del suo atelier...Original, innovator, one of a kind, come se quegli aggettivi, mentre ascolto e guardo il video, non appartenessero soltanto alla storia di adidas, ma rispecchiassero più in profondità i simboli, le identità, i valori che più mi affascinano...uno stile di vita; e quando estasiato riavvolgo il video, è come se quello stile di vita fosse tutto lì, incarnato in quelle immagini che passano: i più grandi grandi campioni dello sport, le mitiche World Cup da calcio, le storiche sneakers Superstar, il glorioso Liverpool F.C., infine Liam e Noel, two a kind...gli Oasis! Perché adidas, in fondo, è più che una marca...rappresenta, appunto, una visione del mondo, uno stile di vita, un simbolo racchiuso in tre strisce: Originalinnovatorone of a kind!


...C'era una volta, nel primo dopoguerra, in una piccola città della Germania, Herzogenhaurach, un giovane ragazzo di nome Adolf (Adi) Dassler, appassionato di scarpe e di sport...È un video quasi da fiaba della buonanotte, quello che adidas Originals fa girare nel 2008 attraverso i social Facebook, Twitter e Youtube e le sale cinematografiche: un video virale, fatto con la tecnica dello stop motion, un'animazione favolistica che in tono incantato racconta attraverso le immagini e la voce narrante la storia del fondatore di adidas, Adi, che nel suo laboratorio in soffitta ripercorre, secondo una trama fiabesca, prodotti personaggi e simboli che hanno contribuito a far grande la storia del brand, nella sua originalità...Una grande favola, come la storia del suo fondatore! Appassionato di scarpe e di sport, Adi cominciò a produrre già negli anni 20' calzature adatte alle prestazioni sportive, fondando il suo lavoro su tre principi cardine: produrre la miglior scarpa per i requisiti dello sport, proteggere l'atleta dagli infortuni, fare un prodotto di elevata qualità e durata nel tempo! Adolf produceva, il fratello Rudolf vendeva, e tutto funzionava a meraviglia: le prime scarpe da atletica chiodate furono indossate già alle Olimpiadi di Amsterdam nel 28: con quelle Lina Radke-Batschauer vinse gli 800m femminili; da allora un'innovazione unica e straordinaria accadde: gli atleti erano quelli che promuovevano le scarpe indossandole e vincendo con quelle ai piedi: il business passava cioè attraverso lo sport, la sua immagine, le sue imprese, le sue vittorie...con adidas, alle origini dello Sport Business! Fu così che alle Olimpiadi di Berlino del 36 un atleta inglese semisconosciuto di colore, tal Jesse Owens, vinse sotto gli occhi del führer quattro ori olimpici: indossava le scarpe di Adi; ma non c'erano solo gli occhi del führer a guardarlo; questi aveva fatto istallare allo stadio Olimpico tre telecamere...furono le prime Olimpiadi prodotte dalla televisione: di lì lo sport divenne evento mediatico, sotto gli occhi di tutti, partecipanti o meno all'evento, lo sport business, di riflesso, poté estendersi su scala mondiale; i fratelli iniziarono a produrre e vendere scarpe per diversi segmenti di sport...in meno di vent'anni Adi divenne il primo produttore di scarpe sportive al mondo, con 200000 paia vendute l'anno! Ma con la guerra tutto cambiò: alla fabbrica, che contava circa cento operai (verso cui Adi, chiamato non a caso "il capo", fu sempre molto esigente e severo, pretendeva infatti la perfezione al minimo dettaglio nella produzione) fu chiesto di produrre bazooka, poi vista la difficoltà della conversione, scarpe per l'esercito. Ma la guerra logorò anche i rapporti tra i fratelli: erano ormai in disaccordo su tutto, commercio, politica, persino questioni sentimentali...così, nel dopoguerra, Adi continuò a inseguire il suo sogno, riprese a fare scarpe e chiamò la sua azienda adidas (adolf-dasdler, addas, poi adidas), rigorosamente con la "a" minuscola e con le tre famose strisce di logo; Rudolf attraversò il fiume e si spostò dall'altra parte della città, fondando un'azienda concorrente, la Ruda (Rudolf-Dassler), che poi divenne la ben più nota Puma. Proprio a seguito di un mancato accordo con Puma, adidas riuscì a fornire le scarpe da calcio, con i tacchetti avvitabili, alla nazionale tedesca che vinse a sorpresa i mondiali del 1954 contro la fortissima Ungheria; da allora la nazionale tre volte campione del mondo fu sempre sponsorizzata con le tre strisce. Ma questo fu soprattutto l'evento che segnò definitivamente il punto di svolta: Adi divenne "the first enterpreneur tu use sports promotion in order to make the public aware of his innovation", il primo a usare lo sport come specchio dell'originalità e unicità delle sue creazioni; per questo adidas cominciò a fornire materiale, e non più solo ed esclusivamente calzature, ai più grandi atleti di ogni sport: i più forti dal punto di vista della prestazione, come Mohammad Ali, "the greatest of all time", i più innovativi e originali, come Dick Fosbury, che rivoluzionò la tecnica del salto in alto...Originalinnovatorone of a kind le linee guida con le quali adidas migliorò il mondo dello sport; ma Adi, da buon produttore, e nonostante tutto il successo che ebbe adidas, non capì mai a fondo la commercializzazione dello sport, vale a dire il motivo per cui il denaro nel dopoguerra divenne ben presto più importante delle prestazioni sportive: non capì mai a fondo, cioè, quello sport business che aveva contribuito lui stesso, col fratello, a produrre, e su cui si fondavano le sue fortune: pur guadagnando molti soldi, a lui bastava vendere articoli sportivi, che fornissero la miglior qualità per la prestazione, non vendere lo sport come mezzo su cui guadagnare, la tendenza a cui si stava piegando questo mondo! Voleva solo dar vita a prodotti sportivi sempre migliori, più originali, più innovativi, che favorissero e migliorassero la competizione: nel 1976, durante le Olimpiadi di Montreal, Adi si accorse guardando la televisione dall'altra parte dell'oceano, di un'anomalia nella corsa, durante le gare di qualificazione, di Alberto Juantorena, l'eccezionale atleta cubano chiamato "il cavallo"; chiamò i tecnici e fece controllare: aveva la suola e i tacchetti delle calzature leggermente manomessi...le sue scarpe con le tre strisce furono sistemate, e il cubano vinse sia 400 che 800 metri...
Adi Dassler morì due anni dopo, lasciando però questo aneddoto a testimonianza dell'attenzione ai principi che muovevano da sempre la sua ricerca nel mondo dello sport: attenzione alla prestazione, specializzazione e ottimizzazione di tutti i prodotti a tal fine...originalità, innovazione e unicità come marchio di fabbrica: lo sport business comunque a servizio dello sport, il marketing come mezzo del miglioramento della prestazione sportiva. È curioso come proprio il figlio di Adi, invece, cominciò a fare contratti con federazioni e comitati olimpici, abbinando il marchio all'evento sportivo: vendeva cioè lo sport come forma pubblicitaria. Il fatto è che il mondo stava cambiando, e lo sport inevitabilmente con esso: il business, infatti, lo stava fagocitando velocemente...; e lo sport così stava estendendosi oltre la sua portata competitiva, ad altri momenti della vita quotidiana: come cultura, come stile di vita; in tal modo lo stile di vita sportivo andava affermandosi nella quotidianità, incontrandosi al contempo con altre culture, modi di vita, visioni del mondo: la moda, i giovani, la musica...dando luogo ad affascinanti intrecci e commistioni; adidas non poté esimersi, pena lo scomparire, dal lanciarsi nel lifestyle! Ma lo fece ancora una volta, come sempre, nel ricordo del suo fondatore, coi suoi stessi principi: Originals, celebrate originality...celebrando Adi Dassler, a true original, an innovator, a one of a kind...
Tommy

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